Nonostante le dimensioni ridotte di questo comune, la storia racchiusa dai confini di Tarzo è nobile e variegata: già nel secondo millennio ci furono insediamenti di Veneti, dopo i quali arrivarono i Celti, provenienti dal Friuli.

Il territorio assunse rilievo in epoca tardo romana, e conobbe – come le zone limitrofe – il successivo arrivo dei barbari, precisamente Goti e Franchi. Nel 568 arrivarono invece i Longobardi, che fondarono nuovi insediamenti, come quello di Ceneda, di cui Tarzo fece parte.

Risale a questo periodo il pavone di bronzo conservato nel Museo Castelvecchio di Verona. A Tarzo si diffuse anche il culto cristiano, ed iniziarono a comparire le prime Pievi: dopo la fine del dominio dei longobardi, Tarzo finì sotto il potere di Ceneda, in quanto venne donato dall’imperatore Ottone al vescovo di questa diocesi.

Dopo il vescovo di Belluno, ad esercitare il potere su Tarzo fu Conegliano, che nel 1195 concesse feudo e castello a Buto e a Marco di Corbanese.
Da questa famiglia i Da Camino acquistarono una grande proprietà, andando ad ingrandire ancora di più il loro possedimento nella zona.

Nel 1307 il vescovo cenedese Francesco barattò il feudo di Portobuffolè con quello tarzese, e il dominio di Ceneda continuò fino al 1769, fino a quando Tarzo non divenne un territorio della Repubblica di Venezia.

Nel 1848 gli abitanti di Tarzo parteciparono invece ai moti rivoluzionari.