Per il generale Erich Ludendorff è stata un evento straordinario. Ecco cosa avvenne tra il 28 ottobre e il 4 novembre 1918

E’ stata combattuta tra il Piave, il Massiccio del Grappa, il Trentino e il Friuli la battaglia tra l’Italia e l’Impero austro-ungarico che sancì la fine della Prima Guerra Mondiale. La terza battaglia del Piave, passata alla storia come battaglia Vittorio Veneto.

La città in realtà non fu il solo teatro della battaglia, nonostante le abbia dato il nome. Non ne fu però nemmeno esclusa: la notte tra il 29 e il 30 ottobre Vittorio Veneto venne saccheggiata dagli austro-ungarici che la mattina dopo si ritirarono verso Polcenigo per cercare riparo dietro il Livenza.

Lo scontro armato ebbe inizio il 28 ottobre con l’attacco decisivo italiano, attuato mentre l’Impero austro-ungarico dava già segno di disfacimento.

La battaglia fu caratterizzata da una fase iniziale duramente combattuta, durante la quale l’esercito austro-ungarico fu ancora in grado di opporre valida resistenza, a cui seguì un improvviso e irreversibile crollo della difesa.

Si combatté per una settimana e il 3 novembre 1918, con l’entrata in vigore dal giorno successivo, venne concluso l’armistizio di Villa Giusti che sancì la fine dell’Impero austro-ungarico e la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra.

Riguardo la centralità e l’importanza della battaglia di Vittorio Veneto, in cui l’esercito italiano perse 37.461 uomini, ci sono varie versioni della storia.

Wikipedia riassume bene come è stata tramandata, vista e interpretata questa battaglia:

Sull’importanza storica della battaglia di Vittorio Veneto e sulla sua influenza sull’esito della Grande Guerra le valutazioni sono variate ampiamente nel corso del tempo – si legge – mentre nella fase trionfale dopo la battaglia e nel periodo del fascismo, anche su impulso della propaganda di Benito Mussolini, in Italia il valore dell’ultima battaglia fu esaltato fino a parlare di vittoria principalmente italiana della guerra mondiale, all’estero tali rivendicazioni furono subito ridimensionate.

In Francia e Regno Unito si sminuì il merito italiano e si enfatizzò il presunto ruolo decisivo delle truppe francesi e soprattutto britanniche nella battaglia di Vittorio Veneto. La storiografia anglosassone ignora quasi completamente l’ultima campagna in Italia e le assegna un ruolo del tutto minore sull’esito finale della guerra.

Tra gli autori italiani Indro Montanelli, riprendendo le parole di Giuseppe Prezzolini, sostenne che Vittorio Veneto non fu una vera battaglia vinta ma «una ritirata che abbiamo disordinato e confuso», mentre lo stesso Prezzolini evidenziò che l’esercito austro-ungarico a novembre cadde «per ragioni morali» e scrisse di «battaglia ideale» in cui «è mancato il nemico». Giulio Primicerj scrisse che la battaglia di Vittorio Veneto, pur non potendo essere considerata «una delle classiche battaglie di annientamento», non fu solo «una ritirata che gli italiani contribuirono a disordinare e confondere».

Nelle sue memorie il generale Erich Ludendorff rimarcò la notevole importanza storica della battaglia: a suo dire la catastrofe austro-ungarica ebbe una grande influenza sull’ultima parte del conflitto, affermando che senza il crollo di Vienna la Germania avrebbe potuto continuare la guerra almeno fino alla primavera 1919 e avrebbe potuto evitare una resa umiliante. Effettivamente le notizie della catastrofe dell’Impero asburgico accelerarono gli sviluppi della situazione nel Reich e entro pochi giorni i tedeschi dovettero richiedere la cessazione delle ostilità e firmare l’Armistizio di Compiègne.

In conclusione la battaglia di Vittorio Veneto, se certamente non decise l’esito della grande guerra, che nell’ottobre 1918 in pratica era già vinta dagli alleati, ne abbreviò probabilmente il corso finale e favorì una conclusione immediata con la resa della Germania”.