Milagros, la gallina nata dall’uovo in microonde

E poi c’è Tommy, il pappagallo che non fa il pappagallo. E Simba, la gattina senza occhi. E Kikka, il cane invisibile. A casa di Margarita i residenti a due o quattro zampe hanno tutti una storia

“Diego, a casa!”. A Farra di Soligo, la voce di Margarita – col suo bellissimo accento spagnolo – diventa imperativa. Niente di che stupirsi. Se non fosse che Diego è un conuro della Patagonia. Un pappagallo insomma. Se non fosse che Diego obbedisce come un bambino obbediente. Spiega le ali, spicca il volo dal lampione dov’era andato a picnicare e attraverso la finestra aperta entra in casa. In salotto. O in cucina. Dove svolazza libero insieme a Tommy e Birba: quest’ultima un’aratinga testa blu che ha preso dimora da Margarita dopo un abbandono.

“Dei tre pappagalli – spiega la proprietaria (ma dubito che voglia essere chiamata così) – il più socievole è Tommy. Un pappagallo che non fa il pappagallo: lui parla, ma non ripete ciò che gli viene detto. Piuttosto interloquisce con gli umani. Quando ti vede ti saluta con un Ciao, come stai?, se si trova solo in casa ripete Dov’è Marga, dov’è Marga?, o mostra apprezzamento per il cibo: Buono lo yogurt”.

La casa di Margarita Cubillas Martinez si trova a Farra di Soligo. E‘ una bella villetta a due piani con un piccolo giardino, circondata da altre villette e altri giardini. La campagna aperta è relativamente lontana, ma l’eco di un paesaggio aperto e poco antropizzato risuona in un ambiente domestico pensato soprattutto per gli animali.

Il campanello non c’è. O meglio: non funziona. Se qualcuno si avvicina alla casa ci pensa Birba a garrire. Un verso che si accompagna all’abbaiare da tenore di Nikita, Linda o Kikka, i tre cani – abbandonati e adottati – che scodinzolano per casa. “A dire il vero – spiega Margarita – Kikka è un cane invisibile. Difficile che si mostri agli estranei: in caso di visite sparisce chissà dove e compare quasi materializzandosi quando non te lo aspetti”.

Tutto qui? No. Decisamente no.

Sul retro della casa di Margarita c’è Villa Gallina. E‘ una piccola costruzione in legno, realizzata da lei stessa (poi ci torniamo) che presenta all’interno tanti “lettini a castello”. Servono a ospitare Pepi, Blanca, Blanchì, Susy e Milagritos: le galline nane che di giorno razzolano e ciangottano nel giardino adiacente all’abitazione e di notte vanno a dormire nel pollaio, cioè – ehm – a Villa Gallina. La passione per le galline Margarita l’ha sempre avuta, ma ha deciso di ospitarne una piccola colonia dopo averne accarezzata una. “E’ stato amore a prima piuma – sorride – . Pepi è stata la mia prima gallina, la matriarca. Poi sono arrivate le altre. Sono molto affettuose, rispondono ai richiami e fanno le uova. Uova nane”, ci dice mostrando quella che è appena stata deposta nel pagliericcio del letto a castello.

Se sia nato prima l’uovo nano o la gallina nana è un dubbio che qui non risolviamo, ma anticipiamo che da un uovo nano che era stato in frigorifero per alcuni giorni, e che poi era stato riscaldato in microonde prima di essere infilato sotto la panciotta piumata di Blanca è nata Milagros. “Pare una storia incredibile – dice Margarita abbracciando la gallina cocincina Susy – eppure è successo proprio questo”.

Tra zampe e piume, raccontiamo qualcosa anche dei bipedi. Cioè di Margarita Cubillas Martinez. Nata 52 anni fa a Cantabria, in Spagna, dove si è formata come architetto di interni, Margarita, 11 anni fa, è arrivata in Italia. Col marito Roberto, di origine calabrese. “La mia laurea – spiega Margarita – qui purtroppo non mi è servita a molto. Per lungo tempo sono stata disoccupata e oggi faccio l’operaia. Le mie competenze trovano impiego solo in casa: oltre a Villa Gallina, ho realizzato un salotto-voliera in modo che i pappagalli stiano a proprio agio e che la convivenza sia tranquilla e rispettosa.”

Non solo: le finestre dell’abitazione presentano delle piccole serrande a basculante. Servono a Mili, Lolita, Roberta, Leo e soprattutto a Simba. Già: ci sono anche cinque gatti nella casa di Margarita. Trovatelli che risiedono qui da molti anni o che, come Milli, hanno seguito la loro umana nell’immigrazione dalla Spagna. Quanto a Simba, è una gattina senza occhi. “E’ completamente cieca – aggiunge Margarita – ma riesce a muoversi e orientarsi molto bene. L’importante è che io non sposti tavoli, sedie e trespoli che l’aiutano a uscire ed entrare in casa senza improvvisi ostacoli”.

Passione di famiglia – il nonno e il papà Jesario solevano adottare i cani abbandonati che trovavano – quella di Margarita si accompagna a una filosofia ombreggiata di rammarico. “Gli animali – spiega – dovrebbero poter vivere secondo il loro naturale istinto. I cani, per esempio, non dovrebbero vivere in simbiosi con gli umani che li accudiscono, ma poter socializzare tra loro: avere degli spazi in cui correre insieme, annusarsi, condividere bisogni ed esperienze. A questo dovrebbero pensare i politici quando realizzano un piano urbanistico: a creare spazi che siano davvero a misura di animali domestici.”

Emanuela Da Ros