Donne sull’orlo di un taglio di capelli

Considerazioni spettinatissime sulle nostre teste. Sulle nostre chiome. Sui nostri pensieri leggeri. Sulla piega bella che ieri ci illuse

Io la risolvo così: un berretto – col pompon o senza – e la mia chioma spettinata se ne sta rincantucciata al caldo senza rivelare troppo di sé.

Lo so: ci sono degli inconvenienti. Il berretto non lo puoi tenere al chiuso, quando il riscaldamento è così alto che la tua testa sotto quel berretto rischia di cuocere come una piadina (non che il paragone sia azzeccato, ma tant’è). O quando ti devi fare una foto per il rinnovo della carta d’identità; o hai un incontrosuZoomdaltuosalotto,non da una baita in Val di Fassa. Una volta non ho resistito: incontrando online una classe di allievi napoletani, ho tenuto il berretto pomponoso sul capo, e per i piccoli lettori sono diventata – entusiasticamente – “l’autrice col cappello”. Non mi è andata troppo male. In ogni caso credo che la mia soluzio- ne non sia adottabile. Mettere la testa a posto è un imperativo estetico prima che etico. I nostri capelli parlano di noi prima che apriamo bocca: dicono se siamo stressati – ok ok, in questo periodo chi non lo è? -, se siamo tristi o felici o innamorati o desiderosi di un bel cambiamento. Dicono anche se abbiamo le doppie punte, ma questa è un’altra faccenda. Tecnica.

“Io vivo spettinata perché tutte le cose belle, veramente belle di questa vita, spettinano”, diceva Mafalda. Ma la piccola peste non usciva mai dalla sua striscia, per cui poteva pure farsi i bigodini coi girini e nessuno avrebbe avuto niente da obiettare.

Noi invece – donne e uomini e donne che sono uomini e viceversa – ci dobbiamo presentare al mondo, anche a quello del bancone della frutta, con un minimo di dignità follicolare. E in cuor nostro sappiamo – perché abbiamo letto Martin Lutero mescolando il purè che “i capelli sono l’ornamento più ricco che possediamo”. Dunque? Dunque prima di scapigliarci irreversibilmente è bene ricordare alcune cosette.

Cosetta n°1. Ogni nostro capello vive tra i 2 e i 7 anni: quelli nati nel primo lockdown sono in attesa di sapere come sarà il mondo a epidemia finita.Hanno grandi speranze per l’avvenire e non vedono l’ora di ondeggiare al vento perché – lo diceva Auguste Rodin (che non occorre leggere, bastaguardare) – “una donna che si pettina i capelli colma il cielo col gesto”. Io se mi pettino al massimo colmo di residui piliferi spazzola e lavandino, ma non vorrei togliere troppa poesia alle citazioni rubate.

Cosetta n°2. Quantifichiamo. Ognuno di noi possiede tra gli 80 e i 150 mila capelli. Vi rendete conto? Un patrimonio di peluzzi, più o meno sottili o robusti, che se ci fosse il reddito di capellarità ci renderebbe ricchissimi (altro che Elon Musk, che sarà pure miliamiliardario ma è un pochettostempiatello).

Cosetta n°3. Se i capelli di un essere umano, cresciuti nell’arco di una vita, fossero allineati uno dietro l’altro coprirebbero una distanza di circa1.100 chilometri: un capello andrebbe da Vittorio Veneto fin quasi ad Amburgo; da Conegliano arriverebbe a Barcellona. Ve lo immaginate un ca-pello sulla corsia di sorpasso dell’A27, dell’A4 e di qualche altra A numerata che raggiunge scarruffato la sua meta? (sto delirando con la fantasia: non seguitemi).

Cosetta n°4. Mentre state leggendo questo pezzo (nient’altro da fare? lavatrice, lavello, lavoro a maglia e toh! quel saggio di Wittgenstein sulla filosofia del linguaggio che ancora vi scruta intonso quando vi decidete a leggerlo? e il micio ha abbastanza crocchette?) il 90 per cento dei vostri capelli sta crescendo, mentre il 10 per cento fa il riposino (e voi che pensavate fosse la mente a lavorare).

Cosetta n°5. Il colore dei vostri capelli non vi soddisfa? Che aspettate a cambiarlo? Tenete presente che i capelli bianchi audaci! – non diventeranno mai più del colore originario: se proprio non vi vanno a genio dovete colorarli giocoforza; se invece volete schiarirli o vi rivolgete a una parrucchiera (sono sempre la nostra salvezza: e diciamolo una buona volta!) oppure fate come le antiche romane: vi spalmate sulla testa della cacca dipiccione o – ricetta di Plinio il Vecchio – delle sanguisughe macerate nel vino rosso per 40 giorni. Insomma scegliete voi.

Cosetta n° 6 e mi sa che è l’ultima, perché i miei dieci lettori a questo punto sono diventati 1 (quello che leg- ge per inerzia pensando “ma non honulla di urgente a cui dedicarmi”?). Un solo capello può arrivare a sostenere fino a 100 grammi di peso. Be’, una curiosità del tutto inutile (vi avevo forse avvertito).

A questo punto, penso che mi farò uno shampoo (parola di origine indiana, che significa letteralmente “massaggio”) per ridare corso legale ai pensieri. E tenermi alla larga da quell’espressione insopportabile “ho un diavolo per capello”, che non è nemmeno vestito Prada.

Emanuela Da Ros